lunedì 25 novembre 2019

A VELA SULL'ATLANTICO: DALLE CANARIE ALLE ISOLE DI CAPO VERDE







L'antefatto 

Questa avventura è in realtà la composizione di due avventure distinte. Una di esse,infatti, si svolge sulla terraferma mentre l'altra si sviluppa nell'Oceano Atlantico Centrale in  un percorso in barca a vela dalle Canarie alle Isole di Capo Verde. L'intera architettura  trova le sue radici indietro nel tempo. Indietro, ma non poi tanto, allorchè, nella primavera del 2018,  il caso fa incontrare l'amico   Fulvio,aviatore come me, e  Paolo Casoni, proprietario nonché espertissimo skipper di Ariel, 
Ariel in navigazione, foto  dalla Gallery del sito  di Paolo Casoni  Ariel HR 53

una splendida Hallberg Rassy di circa 17 metri prodotta in Svezia, una vera  Rolls Royce delle barche a vela. Questa barca avrebbe navigato tra il 2019 ed il 2020 ed il suo possessore avrebbe ospitato a bordo dei crew members volontari durante questa lunga crociera.  E Fulvio ha allora proposto a Paolo la presenza di noi due (Fulvio e Marcello) per qualche tratta. Nel frattempo, sia Fulvio che io, abbiamo cercato  di porre rimedio ad un piccolo punto aperto... ovvero la nostra colossale ignoranza in materia di vela. Abbiamo allora frequentato nel Ottobre 2018 il Corso Cabinati di 1° livello a Caprera (vedi https://blogbattaglia.blogspot.com/2018/10/corso-di-vela-cabinato-1-livello-centro.html


Marcello e Fulvio, due giovanotti! 😃

e, socraticamente, sapendo di non sapere, abbiamo cercato di incrementare le conoscenze fruendo, nella primavera del 2019, della generosa offerta di Davide e Manuela facendo una mini crociera nel Nord della Sardegna con Occhi Blu, un Sun Odissey 43 di circa 13 metri  della Jeanneau. Il tutto sempre sotto l'occhio vigile della nostra istruttrice a Caprera - Elena -  anche lei  coinvolta nell'impresa di mettere nelle nostre testoline ulteriori perle di saggezza marinara. (vedi:
 https://blogbattaglia.blogspot.com/2019/05/4-giorni-in-paradiso-viaggio-in-barca.html)


Manuela e Davide 

Elena con due prodi marinai


La nostra partecipazione ed il quadro più ampio delle regate  

Paolo  ha iscritto Ariel a due regate.  La prima è la World Arc Plus 2019 il cui percorso si svolge  tra Le Canarie, le Isole di Capo Verde e l' Isola di S. Lucia antistante la costa venezuelana




 Fulvio ed io abbiamo richiesto a Paolo di poter  partecipare alla tratta atlantica riportata in rosso in figura, ovvero tratta   Canarie -  Isole di Capo Verde nel novembre 2019.

Ariel, poi, è stato iscritto ad una successiva regata nota con il nome di  World Arc 2020 2021, incentrata sul Pacifico,  e di cui parleremo approfonditamente  in un blog successivo.



L'equipaggio per la tratta Las Palmas di Gran Canaria - Mindelo Sao Vicente di Capo Verde



Per questa tratta atlantica l'equipaggio è stato il seguente.


Paolo Casoni



Naturalmente Paolo, armatore, comandante e skipper di Ariel. Medico chirurgo, già docente presso l’Università di Parma, attualmente libero professionista.

Ha tenuto per tre anni corsi di medicina d’urgenza a bordo per gli equipaggi in partenza per l’Atlantic Odyssey.

Armatore e skipper delle proprie barche, ha al suo attivo più di sessantamila miglia con quattro traversate atlantiche (due circuiti atlantici completi) e diversi passaggi oceanici tra Gibilterra, Canarie, Madeira, isole Vergini britanniche e Bermuda. 


Avrebbe dovuto venire con noi anche sua moglie  Cecilia. Purtroppo pressanti impegni familiari le hanno impedito la partecipazione.





Maurizio Miele


61 anni, montanaro convertito alle onde una trentina di anni fa.

Per mestiere si occupa dei denari altrui, fingendo talvolta di distrarsi pedalando, nuotando, navigando su uno Zuanelli e curiosando cose di storia tardoantica.



Giuseppe Minello

Torinese, ha 62 anni, 42 dei quali passati a fare il giornalista. Ora cucina, naviga, pedala, scia e scrive (non necessariamente in questo ordine).


Fulvio Patono


Un giovanotto del 1957, che nella vita ha sempre fatto il pilota di aerei di linea. Appassionato di moto e montagna, avevo sempre guardato con interesse alla vela, ma non avendone il tempo, era sempre stata solo un desiderio. 




ed il sottoscritto Marcello Battaglia


63 anni, di cui 40 trascorsi volando sia in Aeronautica Militare che in ambito Industria Aeronautica Nazionale.In pensione da qualche anno, sto avendo l’opportunità di perseguire svariate passioni: Musica Classica, Fotografia, Architettura, Archeologia, Tiro con l’arco, Cucina, Viaggi.

E naturalmente, tra le passioni di cui sopra, si è recentemente aggiunta quella della Vela.

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Due marinaretti al loro imbarco a Las Palmas di Gran Canaria

L'ambiente operativo


La tratta da percorrere è un tratto di Atlantico che ha da sempre accompagnato i naviganti sin dalle prime scoperte verso il Nuovo Mondo. I vari navigatori spagnoli, portoghesi, olandesi, inglesi, nei secoli scorsi,  hanno infatti potuto svolgere  le loro imprese appoggiandosi a dei venti caratteristici e permanenti detti alisei. 



Tali venti sono anche noti anche come “Trade Winds” ovvero il vento affidabile e costante che consente  gli scambi commerciali. Essi nascono dalla circolazione in senso orario attorno all’alta pressione presente sulle Azzorre e, come in figura, crea un flusso pressoché costante di vento da Nord Est a circa 20 nodi. Questa situazione consente la navigazione mantenendo un settaggio delle vele abbastanza costante per tutto il percorso.



  Ci sono però delle variazioni locali piuttosto significative. 
L’esempio più tipico è costituito dalle zone di accelerazione dei venti appena a Sud delle Canarie. Un’immagine meravigliosa di quanto sto dicendo è la rispondenza tra la teoria e la pratica. La prima figura rappresenta su una carta geografia l'andamento atteso delle zone di accelerazione e sotto l'immagine da satellite che riporta esattamente la frattura e l'invorticamento  del manto nuvoloso.




 Tali zone di turbolenza sono anche  note in campo aeronautico con il nome turbolenza di tipo orografico. Il fenomeno in sè  comporta una repentina variazione dell’intensitá e della provenienza del vento. Aspetto che, se mal gestito,  può portare la barca al di fuori dell’inviluppo consentito. Tali perturbazioni del flusso si propagano sin quasi a 150 miglia dalle Canarie. Lo scenario operativo è poi caratterizzato tra Canarie e Isole di Capo Verde dalla presenza dell’onda atlantica, in gergo chiamata swell. Essa è piuttosto lunga e l’altezza media, in condizioni di tempo buono e lungo la nostra rotta (che corre non lontana dalla costa africana) è attorno ai 2,5 metri con un lieve incremento verso l’arrivo.  Questo perché il vento non ha ancora avuto l’opportunitá di “spingere” molto la massa d’acqua. Tuttavia, man mano che ci si allontana in direzione della costa americana la superficie su cui l’Aliseo può far presa è notevolmente maggiore per cui l’altezza delle onde è notevolmente maggiore. Tra gli incontri sgraditi possibili in questo tratto di mare c’è la possibile presenza di  nubi cumuliformi, detti "squalls", che scaricano pioggia e repentini e violenti cambi di vento soprattutto sulla parte frontale del fenomeno.
La tipica immagine radar, fatte le opportune regolazioni, è come in figura.



 Si può passare dai tranquilli 20 nodi dell’ Aliseo ai 40 nodi istantanei o più. Alle manifestazioni sopra la superficie si somma l’andamento delle correnti che occorre considerare e saper sfruttare. Vicino alle Canarie le correnti hanno un andamento antiorario, mentre vicino a Capo Verde sono in senso orario. Fortunatamente,  sul nostro percorso nel mese di novembre, come in figura, 



il pericolo degli uragani è praticamente inesistente.


Parliamo della barca che ci ha accompagnato in questo viaggio.  

Grandezze fisiche caratteristiche  e loro significato

Si tratta di un’imbarcazione prodotta dal cantiere svedese Hallberg Rassy dal noto designer German Frers. 




La lunghezza è prossima si 17 metri e la laghezza è quasi di 5 metri. Il peso totale è attorno alle 23 tonnellate. Di queste 9 sono di chiglia in piombo. La vela a centro barca è detta randa ed è, in linea di massima, il "motore" principale di bordo e l'apertura è "modulabile" in ragione dell'intensità del vento.




 A questa si aggiungono  le vele  di prua che si scelgono, anch'esse, in funzione della forza del vento. Con vento molto forte si usa la  "tormentina", una piccola e robusta vela che serve per sopportare grandi sforzi. 






Poi c'è il fiocco che su questa barca arriva ad una superfice di circa 130 mq. Ancor più ampia la superfice del genoa, quasi 150 metri quadrati e si usa quando il vento inizia a scemare. Poi ci sono il Code Zero  il Gennaker, ancora più ampi ed, infine, lo spinnaker la più ampia di tutte le vele, atto ad intercettare il minimo refolo di vento. Le vele principali possono essere estratte o avvolte  tramite motori idraulici. La barca è molto lunga, quasi 17 metri, e ciò le conferisce il pregio di trasformare più facilmente di barche più corte, il vento in velocità. Da non trascurare,infine, le citate  ben 9 tonnellate di chiglia (incluse nelle 23 totali)  che consentono alla barca una stabilità che ti fa sentire  tranquillo anche in condizioni di inclinazione laterale molto marcate. Importante anche il fatto che le sartie e gli stralli(ovvero i tiranti di acciaio che fermano l'albero alla barca) sono sovradimensionati per sicurezza. Come pure sono sovradimensionate varie altre parti strutturali. Questo per dire che questa barca è proprio studiata per resistere a condizioni estreme tipiche delle navigazioni oceaniche.


L’avionica di bordo vista con gli occhi di un aviatore

Prima di tutto parliamo delle “cabine di pilotaggio”. La barca, infatti, può essere condotta da due diversi punti. Il primo è sito all’esterno della barca (pozzetto) dove si trova il timone meccanico. 



Questa posizione è usata in manovre di partenza o arrivo in porto o di navigazione a vista. Ma poiché la barca è stata studiata per traversate oceaniche essa può essere condotta in modo “strumentale” dal tavolo di carteggio, ovvero dall’interno quando si naviga in alto mare. 



La parte navigazione (NAV)

L’imbarcazione è dunque dotata di due plotter, uno nel pozzetto e l’altro all’esterno. Si tratta di due schermi multifunzione a colori sui quali sono rappresentati la Present Position ottenuta tramite GPS  e la cartografia di interesse precedentemente caricata sul device. 



Il che significa che posso vedere l’intera rotta, la mia posizone  e le informazioni salienti per la mia navigazione  nella scala  preferita.




In aggiunta a queste  informazioni base possono essere aggiunte una molteplicità di dati per consentire la massima flessibilità. 



La barca, infatti, al pari dei moderni velivoli, è dotata di un data bus che consente lo scambio di informazioni tra i vari strumenti (sensori) ed i display e controlli di bordo. Sui plotter, ad esempio, possono trovare locazione  informazioni quali , ad esempio, la profondità, la provenienza del vento (almeno come percepito a bordo), la presenza di altre navi nelle vicinanze o immagini radar tutti dati, questi, provenienti da strumenti a sè stanti, indipendenti dai plotter.
In aggiunta a quanto sopra la condotta del mezzo può regolarmente avvenire tramite l’uso di autopilota nelle tre funzionalità di seguito descritte. La prima consiste nel manovrare autonomamente la barca in modo che la stessa veda il vento provenire sempre dalla medesima direzione. Ovvero, se per esempio fisso che il vento mi deve sempre provenire dal traverso sinistro, la barca varierá la propria prua al variare della direzione del vento pur di rispettare l’input ricevuto. Al contrario, la seconda funzionalità dell’autopilota è quella di mantenere una prua costante trascurando completamente la variabile vento. Un’ultima funzionalità, infine, è quella che consente il mantenimento di un  percorso ortodromico precedentemente pianificato, al pari di una macchina che si sposta lungo un autostrada contrastando in automatico la deriva causata da vento e correnti. Funzione di cui si riporta di seguito la chiara simbologia.



La barca è inoltre dotata di un sistema di allerta per la prevenzione delle collisioni con altre imbarcazioni purchè fornite dello stesso sistema detto Automatic Identification System (AIS), l’equivalente di un Traffic and Collision Avoidance System (TCAS) operante in campo aeronautico. 




Ovvero quando i rispettivi sistemi AIS di due imbarcazioni diverse, dialogando fra loro, intravedono una possibilità di collisione in base alle velocità e direzioni in essere in quel momento, scatta un allarme che avverte gli equipaggi.


La parte COMMS

La barca è fornita di molteplici sistemi radio sia per le comunicazioni via voce che per la trasmissione dati. Per  il corto raggio esistono due apparati di  VHF marinaro di cui uno capace di emettere un e segnale d’emergenza con la sola pressione di un bottone. 



Segnale che può essere raccolto dalle stazioni di terra che hanno le loro antenne posizionate su terreno elevato, sempre che le distanze non siano eccessive tra imbarcazione e stazione.  Per le comunicazioni a lungo raggio, sia in fonia che per trasmissione dati, vi sono più apparati. Dovendo navigare in pieno oceano vi sono due terminali che sfruttano la costellazione di satelliti orbitanti a bassa quota “Iridium”. 



Ed è proprio quest'ultima  caratteristica che consente all’aperto l’uso di un’antenna piccola e potenze limitate. E ciò porta che i terminali di questa classe siano della ergonomica dimensione di un walkie talkie. Essi possono essere utilizzati tanto per le comunicazioni in voce, componendo appositi numeri telefonici,  quanto per un residuale scambio dati. Non manca una tradizionale radio HF anch’essa utilizzata per comunicazione voce e per trasmissione dati. Entrambe questi apparati sono gestiti da un terzo plotter, totalmente indipendente dai due sopra descritti, detto Digital Communication Processor (DCP). Vi è poi un ulteriore sistema di comunicazioni satellitare che si appoggia sulla costellazione di satelliti geostazionari noto con il nome di Inmarsat anch’essa utilizzabile per voice e data. Ogni satellite ha una propria zona di copertura e



poichè la barca si muove all'interno di detta copertura, occorre a bordo un' antenna direzionale in grado di puntare sempre il satellite. Satellite che, tuttavia, per essere geostazionario, deve essere posto a grande distanza dalla terra, per cui detta antenna deve essere ad alto guadagno per poter dialogare con esso. Insomma, tutto questo per dire che si tratta di un sistema che resta fisso a bordo.


Emergency COMMS

Anche le barche hanno un Emitter Locator System (ELT). In campo marinaro si chiama EPIRB (Emergency Position Indicating Radio Beacon). È uno scatolicchio che, tramite comunicazioni satellitari della costellazione Sarsatcomsat trasmette alle competenti autorità  una richiesta di soccorso inviando la posizione dell’oggetto.



Serve esclusivamente in caso di abbandono della nave. 



Analogamente all'EPIRB  c'è anche un similare ausilio individuale detto Personal Locator Beacon (PLB)  del tutto simile a quello usato sui giubbotti salvagente degli equipaggi dei velivoli da caccia. Per informazione, il sistema in uso sui velivoli da combattimento trova locazione in un'apposita tasca  del salvagente che fa parte della vestizione standard a bordo e  si attiva automaticamente in caso di eiezione allorchè avviene la separazione seggiolino-pilota.


 

 Ma torniamo in mare. 

I due terminali Iridium poi sono anche portatili nel senso che possono essere (o meglio, devono essere) presi dalla barca e portati sulla zattera in caso di abbandono nave e costituiscono un efficace sistema di richiesta soccorso a copertura globale.


I sistemi di salvataggio 

C'è una zattera di salvataggio autogonfiante e ci sono a bordo 8 giubbotti salvavita. Questi, come altri due sistemi che si trovano sulla murata della barca necessari per il primo soccorso nel caso di uomo a mare, sono dotati di AIS in modo da consentire un rapido recupero del naufrago. In caso di naufragio sulla zattera verrebbero  imbarcate due borse, dette grab bag sempre predisposte all'uopo, con contenuto idoneo alla permanenza in mare. 

Disponibili, ovviamente, i razzi di segnalazione pirotecnica da utilizzare con guanti.


Il layout interno

L' ampio pozzetto, completamente copribile all'occorrenza da cui poter governare la barca, consente di scendere con una scaletta   all'interno in un'ampia dinette.


il



Dinette

Subito sulla sinistra il gruppo cucina e poi  l'ingresso alla cabina armatoriale, situata in poppa, con il proprio bagno e l'accesso  alla sala macchine completamente insonorizzata.


Cucina


Cabina armatoriale
Tornando in dinette e proseguendo verso la prua trovano locazione due cabine biposto (una proprio in punta alla barca e l'altra, laterale,  sul corridoio che porta alla prua) ed un bagno.


Cabina di prua



Le facilities di bordo 


 La barca, poi, è dotata di un proprio motore, un serbatoio di carburante che può consentire un'autonomia di quasi 1000 miglia, un generatore elettrico indipendente per avere corrente alternata, un parco batterie che eroga corrente continua, un capace dissalatore, una capace autoclave che consente di avere in ogni caso acqua potabile sempre disponibile a bordo. Infine, per la produzione totalmente autonoma di energia elettrica sono presenti un ampio parco di cellule solari ed un generatore ad alimentazione eolica.



Per il confort a bordo esistono tre celle frigorifere, un microonde, un forno normale, una cucina, ampi spazi dove ricoverare derrate, stoviglie e utensili da cucina. Presenti, inoltre, lavapiatti e lavastoviglie e la possibilità di farsi una ristoratrice doccia calda. I due bagni, infine, consentono il lusso di farsi anche un bidet.



L'addestramento specifico


La settimana prima della partenza è stata dedicata alla preparazione sotto l’aspetto tecnico. Abbiamo infatti ricevuto briefings dedicati alle problematiche tipiche della rotta in questa stagione ed alle procedure normali e di emergenza. Situazioni che, peraltro, si sono poi verificate nella prima parte della regata.I conferenzieri erano tutti personaggi di elevata competenza con alle spalle migliaia di miglia di navigazione a vela e decine traversate atlantiche. 



I temi, molto interessanti per un novizio come me,  sono stati relativi alla meteorologia nel Mid Atlantic di  parleremo, le modalitá di reperire i bollettini meteo,  la preparazione della barca e la messa a punto strutturale ed, ovviamente, la gestione delle emergenze.  L’organizzazione della regata poi ha inviato un controllore a verificare che tutte le apparecchiature di emergenza di bordo rispondessero a standard molto elevati. Non essere rispondenti a questi criteri avrebbe comportato l’esclusione d’ufficio dalla partecipazione. ariel ha addirittura ecceduto in sicurezza tutti i requisiti richiesti. Nell’ambito dei briefings, infine, ci sono un paio di esercitazioni pratiche sull’uso della zattera d’emergenza e sull’impiego degli artifici pirotecnici di segnalazione.



 A questi briefing proposti dall'organizzazione della regata si sono aggiunti quelli di Paolo relativi alla gestione delle emergenze a bordo: fuoco a bordo, acqua a bordo, emergenza elettrica, uomo a mare, comunicazioni di emergenza, abbandono della nave e relative responsabilità.



Gli ultimi lavori sula barca e la preparazione della cambusa 

L’orologio corre ed il giorno della partenza, fissato per il 10 novembre ore 13.00Z si avvicina e a bordo fervono gli ultimi lavori e gli ultimi controlli. 


Alicio al lavoro

Paolo è alle prese con Alicio, proprietario di una seria impresa di costruzioni navali presenti sul porto di Las Palmas per avere una barca, oserei dire, “accordata” al meglio cosi come farebbe un affermato solista con il proprio, e prezioso, Stradivari o Guarneri.



 Gente che serra bulloni, lubrifica, assicura, controlla, spannella sulla tuga della barca.


Gianpaolo al lavoro

 All’interno, invece, il simpatico Gianpaolo Karis, mago dell’elettronica e piacevolissimo compagno di tavola, che controlla e ricontrolla tutti gli apparati elettronici di bordo per assicurarci comunicazioni sicure durante tutta la rotta. 

E gente, anche, sotto la barca a togliere le incrostrazioni residue dalla chiglia per consentire alla barca di scivolare nell’acqua con la minor resistenza possibile.



Infine, la barca è stata debitamente rifornita di viveri. Interessante il metodo con cui si procede: si stabiliscono dei menù per i presunti giorni di viaggio, in ragione delle persone a bordo si definisce il quantitativo di quel tipo di cibo per quel pasto. Si contano i pasti con quel commestibile durante la rotta e si ha cosi il quantitativo corretto da acquistare per il viaggio. 




Il tutto consente di evitare carenze o sprechi. In mare non si scherza. Tutti i viveri caricati a bordo vengono privati dei loro involucri perché possano essere stivati più facilmente ed anche perché nel cartone si possono annidare insetti che potrebbero infestare le derrate durante la rotta. 

Le uova, invece, vengono spennellate di vasellina ed in questo modo la loro conservazione è assicurata per lunghi periodi a temperatura ambiente.
 Pur essendo la barca dotata di un potente dissalatore viene caricata a bordo acqua qualora qualcosa dovesse andare storto. Gestione meticolosa poi dei frigo di bordo.  Tutto quanto vi è contenuto deve essere ermeticamente chiuso per evitare che rilasci odori o residui liquidi. 



Tutte le stoviglie, le bottiglie  e le derrate vanno infine bloccate in modo tale da restare al loro posto anche in caso di mare agitato.


Le attività collaterali prima della partenza: visita e permanenza a Las Palmas (3-9 novembre) 

Tra i vari impegni relativi alla preparazione troviamo il tempo per fare un giro dell’ isola in cui è attraccata la barca. Las Palmas, infatti, è una gran cittadona con i difetti tipici di ogni grande cittá: traffico, rumore, edilizia molto disinvolta, ognuno che corre dietro ai propri impegni. E vorremmo proprio allontanarci da questo ambiente urbano.


Mappa di Las Palmas di Gran Canaria

Per cartina con maggiore definizione clicca 
http://www.carreradelatlantico.com/carta-stradale-gran-canaria-alta-definizione.html


Cerchiamo una via di fuga verso Puerto de las Nieves a Nord Nord Ovest dell'Isola  ma  la giornata non comincia molto bene. Si accende una spia dell’olio che ci avverte di una eccessiva quantità di olio nel motore.  



 Si riunisce il consiglio dei saggi e cerchiamo di capire il farsi ma le istruzioni sul manualetto della macchina non contemplano una tale eventualità. Misuriamo l’olio  alla vecchia maniera e tutto ci sembra regolare,   ed allora proseguiamo per Puerto La Nieves. Questo è un bel posto sulla costa settentrionale di Gran Canaria. 



Un classico villaggeto di pescatori con le case dipinte di bianco e blu, la sua chiesetta. Entriamo in un baretto e ci serve il padrone dell’esercizio, una persona del varesotto che ci parla della sua condizione di emigrato alle Canarie. Buoni i guadagni, buoni i sostegni all’imprenditorialitá fornita dal Governo Spagnolo tuttavia questa persona non ci pare felice. Il nodo viene dalla sensazione di solitudine che si ha quando si è su un’isola sperduta nell’Atlantico. Una condizione, questa, che mi fa pensare perchè  potrebbe avere una qualche affinitá con l’impresa che saremmo accinti a fare a bordo di Ariel di li a qualche giorno. Ci inerpichiamo su una stradina che ci porta verso un paesetto dell’interno. Il traffico  è praticamente inesistente e la vegetazione, purtroppo, devastata da un grave incendio durante l’estate, ovvero appena qualche mese fa. Ovunque, nella nebbia,  fusti anneriti ed aghi strinati dal calore. 



Un panorama davvero spettrale. E man mano che saliamo la nebbia si infittisce ed inizia una fastidiosa pioggerellina. Il panorama attorno é privo di colore ma fa intuire le proprie colossali dimensioni, ovunque ripide pareti di roccia, dirupi.



Arriviamo al paesetto di Artenaria e visitiamo un piccolo museo dedicato alla vita in abitazioni rupestri...insomma una piccola Matera. 






 







Rapido pranzetto a 1400 metri a 11 gradi e dopo pochi chilometri  scolliniamo.  Adesso si che ci piace!  




Sole terso, cielo blu, montagne ricoperte di sempreverdi e palme e davanti a noi l’Oceano Atlantico. Beh, la  gioiosa scoperta di questo angolo incontaminato di Gran Canaria ci fa propendere per un giudizio positivo su come aver impiegato il nostro tempo.


La navigazione a vela tra Gran Canaria e Sao Vicente di Capo Verde (10 -15 novembre)
Ed ecco il grande giorno, circa un centinaio di barche lasciano festose il porto di Las Palmas per compiere le circa 900 miglia di Oceano Atlantico sino alle Isole di Capo Verde site più o meno alla latitudine del Senegal. Dai briefing meteo  ricevuti Paolo ha deciso la sua strategia di regata. Ci allontaneremo verso le coste africane per prendere sin dall’inizio  il massimo vento previsto, un aliseo stimato di circa 20-25 nodi. 



L’avvicinamento alle coste africane, tuttavia, verrà limitato da una considerazione relativa al fondale oceanico. 


Esso, infatti, come si può vedere dalla colorazione azzurra, si erge bruscamente dai 3-4 mila metri a qualche centinaio di metri di profondità in vicinanza delle coste. Il che comporta un accrescimento notevole dell’altezza dell’onda che nuocerebbe alla velocità della barca. Usciti in mare aperto la situazione non è esattamente rosea come quella descritta dai briefings. Il vento è stabile attorno ai 30 nodi con punte oltre i 40. La carta parla chiaro: l'alta pressione sulle Azzorre che ruota in senso orario e la bassa che ruota in senso opposto creano forti venti. La parola GALE,in inglese, riportata nella cartina sottostante, significa proprio burrasca. 


L’altezza d’onda attorno ai 3 metri e mezzo. Il ballo è decisamente forte. Non riesci a stare in piedi ma finché sei fuori, seduto nel pozzetto all’aria aperta,  la situazione non è poi cosi critica. Il problema insorge allorché, venuto il buio, arriva il momento di scendere sotto coperta. È un attimo e mi ritrovo romanticamente abbracciato alla tazza del cesso a restituire a Nettuno il toast assunto qualche ora prima in terraferma. 
Eppure ero abbastanza abituato agli strapazzi!



Il pavimento della barca si alza, scende, si inclina come un cavallo che vuole disarcionare chi lo monta in un erratico moto perpetuo che ci accompagnerà con questa marcata intensità per i successivi due giorni. Tant'è che la prima notte, durante il mio turno, ascolto per radio un paio di richieste di soccorso perchè delle imbarcazioni hanno avuto la rottura del timone a seguito delle condizioni del mare.

Vedi video su you tube:

https://youtu.be/5c47dFBUpE4

Difficile camminare, difficile dormire senza venir sballottato verso teli appositi di contenimento, impossibile fare pipì se non seduti sul gabinetto, obbligo giustamente preteso da Paolo anche già con mare calmo.



Vedi video su you tube:
https://youtu.be/R7yuIDmyTQg


Paolo provvede a impecettarci con un cerottino di scopolamina ed inizia ad andar meglio. Il mare no, come detto, resta sempre lo stesso per buoni due giorni. 



Al trascorrere del tempo Paolo cerca di predisporre la tipologia di velatura più adatta alla situazione per acchiappare quanto più possibile velocità. 
Cambi vela che per un novizio come me sono stati impegnativi, visto che il piano d’appoggio non era tra i più stabili. Ogni tanto passa in vicinanza della barca uno “stormo” di delfini che ci si mette in ala e ci incanta con le proprie evoluzioni. 



Dopo il terzo giorno di navigazione la situazione si inizia a calmare ed ancora cambio velatura per ottenere il massimo.

Vedi video su youtube:

https://youtu.be/9pgi1Iowg70 

Nel frattempo la giornata di ciascuno di noi è scandita dai turni di guardia che coprono le 24 ore. Paolo fa il turno da solo, Fulvio è con Beppe, io con Maurizio. I turni più pesanti sono quelli nel pieno della notte: 23-02, 02-05. I momenti comuni, invece, erano il pranzo e la cena, quando il buon Beppe si è prodotto in buon cibo che ci ha allietato l’animo. 



Pasti in cui ci si è sempre incrociati tutti quanti insieme con grande piacere parlando degli argomenti più vari. La vita a bordo, scandita da tempi e spazi alquanto ristretti, non è da tutti e necessita di particolari attitudini nelle quali ciascuno di noi, sia pure proveniente da iter ed ambienti diversi, si è alla fine ritrovato.




 Paolo, catalizzatore del gruppo, oltre che offrire generosamente ottimo prosciutto ed ottimo  parmiggiano di Parma, si è più volte prodotto nella produzione di pane fresco, alimento molto gradito a colazione con la marmellata.



 Quando liberi dal servizio ciascuno si è dedicato alle attività più gradite, oltre al dovuto riposo. Per la traversata mi ero caricato sull’ Ipad  un’intera biblioteca musicale che spaziava da Bach a Prokofiev e devo dire che mi è stata di grande compagnia.



 Abbiamo anche tentato il diversivo “pesca d’altura” ma i signori pesci, probabilmente a conoscenza del passaggio dell’Arc+, non si sono concessi. 




Purtroppo qualche velatura notturna ha occluso la vista di un cielo stellato che desideravo vedere. Tuttavia, una bella luna piena, una sera, ha fatto capolino dandoci il piacere di un meraviglioso spettacolo.



Ancora qualche cambio di vela per cercare di rosicchiare qualche nodo in più ed eccoci, verso la sera di venerdi 15, varcare la linea d’arrivo. 

L’arrivo di notte è sempre impegnativo. 


Gli ostacoli più insidiosi sono quelli che non si vedono o non segnalati. Paolo, con gran maestria, dopo 127 ore di navigazione a vela,  porta la sua brava Ariel al pontile d’arrivo nonostante il forte vento, la risacca presente in porto, davvero poco protetto e la fastidiosa presenza di tre boe in mezzo alle balle. Sono le 22 ora di Mindelo Capo Verde ed uno spaghetto liberatorio ed un buon vino rosso rallegrano finalmente la tavola. Brindisi di festeggiamento e crolliamo a ninna stanchi a fine tratta. Siamo secondi nella nostra categoria. Purtroppo penalizzazioni applicate dal comitato di gara ci sottrarrà questa posizione guadagnata con onore, ma noi siamo comunque contenti del lavoro fatto. Stanotte Ariel riposa anche lei, dopo averci portato in tutta sicurezza per ben 857 miglia di mare aperto. Per me non solo un grande apprendimento nel mondo dell’arte della vela ma anche una grande esperienza di vita.





Le attività collaterali dopo l'arrivo: visita alle Isole di Capo Verde (16 -24 novembre)

Il  giorno dopo l’arrivo della regata, sabato 16 novembre, scendiamo finalmente a terra sull’ Isola di Sao Vicente e l’incontro con i colori ed i ritmi dell’anticamera dell’Africa non tarda a farsi sentire. Il cielo non è blu, ma sempre velato ed il caldo é  umido. 





La città di Mindelo dove la barca é ormeggiata, poco più di un paesone, è incastonata tra brulle montagne ed anch’essa caratterizzata da una intensa e caotica urbanizzazione. Si salva un pò il centro storico con le sue colorite casette coloniali. 




Ed è da qui che comincia la nostra esplorazione. Il Mercado Municipal raccoglie tutti i contadini che vengono a vendere le loro verdure. 


Pulitissimo per terra, gironzoliamo in mezzo a colori e persone. L’aria che si respira sembra essere mille miglia dalla concitazione delle nostre parti. Il ritmo é lento, le persone cortesi. 
Ci spostiamo poi al Mercato del Pesce, anch’esso molto pulito, ancorché attraversato da cataste di pesce di tutti colori e di tutte le misure trasportate da carrette. 







Il bello è vedere le persone, con lo sguardo tranquillo o talvolta preso dalle piccole contumelie della vita. Un intero libro da scrivere. Troviamo con Fulvio una bella sistemazione al B&B Casa Colonial  in pieno centro, lasciando cosi posto in barca a Fabrizio Gambini


 

e Renzo Baldanzi


i due crew member che ci rimpiazzano su Ariel per la tratta Capo Verde - Barbados. Anche questo posto che abbiamo trovato per dormire riflette l’attitude “no stress”. Il proprietario è un facoltoso gatto capoverdiano che trascorre le sue giornate sul divano nella piccola hall e la piscina mentre i suoi dipendenti umani si occupano della routine.



 Lui si occupa solo della rappresentanza, ovvero  dare il benvenuto a chi ritiene degno di essere ammesso  nella sua esclusiva struttura. Cena infine in un ristorante locale che sembra uscito dalle immagini di un film anni 50. Ma la cucina è stata apprezzata da tutti. Con Fulvio il giorno successivo ci affittiamo un taxi e visitiamo, dirigendo verso l’interno, la cima più alta dell’isola, detta Monte Verde. Percorriamo un’ardita strada acciottolato che si arrampica lungo i fianchi della montagna da cui si domina buona parte dell'Isola di Sao Vicente.
L'aria è satura di umidità e c'è un minimo di vegetazione piegata dall'incessante vento.




 

Riscendiamo per riportarci sulla costa nord per vedere Baias das Gatas dove ci sono alcune piscine naturali bagnate dall’Atlantico in cui, chi ama l’acqua fresca, può concedersi un bagno.



 Proseguiamo oltre sulla litoranea ed incontriamo una grande duna di sabbia.



Sabbia che sembra davvero stonare con tutta la pietra vulcanica che la contorna. Proseguiamo  sino al paesino di Calhau dove troviamo un piccolo centro di protezione per le tartarughe e davvero niente più. Rapido rientro attraversando la valle che percorre il centro dell’isola. Sembra un’oasi del Sahara: palme, un po di verde mentre attorno è tutta pietra battuta dal vento. 
Il rientro è allietato da dei balli locali, probabile antipasto delle feste di Carnevale qui molto sentite.



 
  




Visitiamo, infine, una mostra di arte africana ed un'altra sulla cantante capoverdiana Cesaria Evora, praticamente rappresentata dovunque in tutte le Isole.


Cena tutti insieme 



e poi il giorno dopo, con il traghetto, Fulvio ed io, lasciamo l’isola di Sao Vicente per l’isola di San Antao. La passeggiata in traghetto mi riserva due belle emozioni. La prima un’ulteriore Cavalcata delle Valkirie sull’ondone oceanico di cui vi posso fornire testimonianza come da filmatino seguente.

Vedi video su youtube:
https://youtu.be/c44qhZSv8-o

Ciò di cui, invece, con grande rammarico, non sono riuscito a portare testimonianza fotografica è lo squalo molto vicino alla superficie dell’acqua incrociato in navigazione. Sarà stato lungo almeno tre metri di colore grigio scuro sul dorso.



 Ho visto perfettamente la pinna dorsale e la sagoma inconfondibile sull’acqua. Purtroppo il tutto è durato troppo poco per afferrare la macchina, individuare, stringere, mette a fuoco e scattare da una imbarcazione peraltro  molto poco stabile. Mi rammaricherò per sempre per aver perso questo scatto che, invece, terrò sempre fisso nel mio pensiero. Ma la vita è questo: trenini che passano una volta sola e da cogliere al volo. Arriviamo a San Antao, l'isola giusto antistante Sao Vicente, e stipati in 15 in un pulmino - i taxi collettivi qui sono chiamati aluguer - dopo un’ oretta di torneo di Le Mans,  per via di un driver assatanato, arriviamo a destinazione: il piccolo paesetto di Ponta do Sol, incastrato tra l’Atlantico ed altissime scogliere immediatamente dietro. La strada percorsa é davvero impressionante proprio per queste ripide  pareti  a picco sul mare. 



La camera nel piccolo ma accogliente B&B Casa do Mar  a Ponta do Sol, microscipico paesetto ai confini del mondo, da sulla pista di un aeroportino in disuso e poi direttamente sull’Oceano. 



Due passi nel microscopico paesetto e subito ci imbattiamo in Ricardo, maestro d’ascia e pescatore che ci racconta di suo fratello che risiede da circa 40 anni a San Benedetto del Tronto.




 Un paesino dove il tempo sembra essersi fermato e le uniche attività sono il trekking nei possenti canyon verso l’interno dell’ isola e la pesca davanti al porticciolo. 



Per avere il sapore della prima attività decidiamo di prendere un aluguer che, con una strada da capre rubata alla montagna,m ci porta al paesetto di Fontaninha. 



È a strapiombo su un profondo canyon al fine del quale si vede il mare ruggire. Qui il tempo non è fermato, é addirittura giá tornato indietro. Il giorno successivo Fulvio intraprende un trekking a piedi su un sentiero che costeggia l’alta scogliera. Io preferisco raccogliere i miei pensieri e riordinarmi le foto godendomi  l’infinito discorso che le possenti onde mi rivolgono. Mi giro il paesetto alla ricerca di scatti da fare: fiori, anziani, pescatori  ed operai al lavoro.
















Il giorno successivo riprendiamo il traghetto che ci riporta a Sao Vicente dove troviamo una sistemazione per una notte, purtroppo, ben differente dalla precedente ed andiamo a cena ancora con Paolo ed il nuovo equipaggio ovvero Maurizio, Renzo e Fabrizio. È una serata importante: domani 21 novembre Ariel salperà per le 2100 miglia di Oceano aperto per arrivare a Santa Lucia,  alle Isole Barbados nei Caraibi. Un affettuoso saluto ai trasvolatori atlantici e andiamo a ninna. L’indomani mattina, mentre Ariel inizia le operazioni di partenza,  accompagno Fulvio ad acquistare un mastello in legno piuttosto massiccio che ci accompagnerà sino in Italia. 
 

Fortunatamente Air Binter non fa storie sul voluminoso bagaglio e, in cielo finalmente terso, arriviamo con un Atr 42 da Sao Vicente all’isola di Sal. 



Isola che nella mia memoria occupa un posto. Infatti, dai  racconti del mio caro  papà, pilota militare durante la guerra e pilota Alitalia  appena dopo la guerra,  il DC 6 non ce la faceva a fare uno “zompo” unico tra l’Europa ed il Sud America. 



Pertanto il lungo viaggio, negli eroici periodi delle linee aeree degli anni ‘50,  trovava scalo proprio sull’isola di Sal. E li arriviamo nel paese di Santa Maria, ad un bel B&B il cui nome è  Sakaroulé, gestito da due simpatici ragazzi italiani, Simone e Sara. 
(https://sakaroulecaboverde.com/)



 


Sara e Simone
Simone è istruttore di kite surf/surf e Sara gestisce direttamente l'attività. Due cari ragazzi che non esitano a passarci  tutte le dritte per visitare l’isola e terminiamo la sera in un posto per locali, vicino al mercato,  dove consumiamo un generoso piatto di pesce arrosto innaffiato da vino bianco locale.  L’indomani riusciamo finalmente ad imbarcarci su un aluguer sul cassone scoperto. 

Vedi video su youtube:
https://youtu.be/5C6oOK0FaB4

Esperienza abbastanza forte, soprattutto con i postumi di raffreddore ancora in corso!

 Arriviamo a Palmeira sulla costa Ovest e di li a piedi, con circa un’oretta di cammino, arriviamo a Buracona, località costiera dove le onde dell’Oceano si frangono rumorosamente con grande potenza in una piccola insenatura. Qui una frattura sulla calotta di una grotta sotterranea consente,attorno a mezzogiorno,  ad un raggio di sole la formazione di un occhio blu nell’acqua di mare nella grotta  sottostante. 



Il posto è bello, ma, per la ressa e per la presenza di invadenti esercizi commerciali, ha perso ogni caratteristica di mirabile evento naturale. Un approccio molto che abbiamo visto molto diffuso, per vari aspetti, sull’Isola di Sal a differenza delle isole precedentemente visitate ancora vicine al proprio sapore. Nel primo pomeriggio ci trasferiamo sulla costa Est  dell’isola, a Salinas per fare il bagno nell’acqua supersalata di alcune saline presenti in un cono vulcanico alimentato sotterrraneamente da acqua di mare ed al quale si accede tramite una breve galleria. 




È buffo stare a galla senza fare alcuno sforzo! 



Due passi per il vicino villaggetto di Pedra do Lume, dove c'è il  piacere di vedere nuovamente un anziano maestro d’ascia all’opera per costruire una barca da pesca e godere della poesia di un piccolo porticciolo.


 




 Fa purtroppo riscontro a quanto sopra l’esistenza di un’edilizia senza controllo - un vicino villaggio turistico non finito - che ha lasciato il proprio repellente segno deturpando il delicato paesaggio. Il giorno successivo affittiamo un Quad. 



Personalmente non amo scorrazzare per prati facendo rumore, ma arrivo alla conclusione che per vedere bene l’isola non c’è altro mezzo. Ed in effetti abbandonando l’asfalto abbiamo l’opportunitá di scorgere silenziosi paesaggi degni di cartolina. Ampie distese di lava, coste totalmente disabitate, montagne formate da eruzioni vulcaniche. 



Complice una meravigliosa giornata di sole i colori ci appaiono ancora più sgargianti. L’azzurro intenso del cielo, il blu del mare, il marrone con mille venature della lava rappresa. Ripassiamo poi per il paesetto di Palmeiras in cui, questa volta, abbiamo l’agio di goderci i murales e le donne in costume.



 Immagini, anche queste cariche di colori ed umanità. Questa considerazione ci da l’agio di fare una piccola digressione per descrivere alcuni interessanti soggetti fotografici che hanno caratterizzato il breve soggiorno capoverdiano. Il primo riguarda l’attenzione posta dai locali  nella foggia dei propri capelli. Diciamo che ne abbiamo viste un po’ di tutti i colori...









Il secondo soggetto fotografico interessante è il sorriso dei bambini. 









Ce ne sono tanti, giocano tutti per strada, vanno a scuola con il loro grembiulino, giocano con oggetti di uso comune.  Il terzo soggetto riguarda gli sport acquatici che si possono fare, in particolare sull’isola di Sal. È un vero paradiso per surfisti, windsurfers ed amanti del kite surf. 




Le possenti onde, il forte vento, le grandi spiagge di facile accesso sono tutti fattori che stimolano turisti e non solo a fruire di questo sano divertimento. Di tutto questo ho raccolto qualche immagine. In particolare mi ha attratto la poesia dei kite surf. Le loro vele mi appaiono eleganti farfalle che ornano, dipingono il cielo.




 Basta avere la sensibilitá per coglierne la poesia et voilá, ecco un meraviglioso quadro dipinto nell’aria. Solare, etereo, cristallino come un concerto di Mozart.
Un saluto anche agli italiani che gestiscono il baretto e la scuola di KiteSurf (http://www.100piedikiteschool.com/it/ presso cui ci siamo dissetati con una ottima birra ambrata e scambiato due chiacchere.




 Concludiamo il nostro giro dell’isola visitando la Baia degli Squali, insenatura in cui questi animali, durante l’alta marea, si insinuano per fare degli spuntini. Soggetto difficilissimo da ritrarre. 



Una pinna, però, sono riuscito ad immortalarla.   
Chiudiamo questo soggiorno il 24 novembre con un’alzataccia per decollare verso Malpensa.



 e fare in tempo a prendere la coda di una perturbazione che ha martoriato il Bel Paese in nostra assenza. Addio bel sole di Sal!



Conclusioni

Beh, credo ci voglia poco per concludere che quest'esperienza sia stata un vero privilegio. Un grande privilegio che ritornerà alla mente nella sua bellezza ed unicità sotto molteplici aspetti. Il primo che mi viene in mente è il fatto che, per un neofita della vela come me, si sia presentata  l' imperdibile opportunità di vedere da vicino l'Università della Vela. 

Un vero e proprio salto qualitativo   poter sbirciare  nel mondo dell'arte e navigare  in pieno Atlantico seguendo le dritte di Paolo, esperto skipper,  e su una  barca di elevato profilo quale è , Ariel. 
Un secondo aspetto che mi rende piacevole il ricordo di questa avventura è stata la possibilità di conoscere nuovi paesi. Non tanto le Canarie in cui ero stato con i miei da ragazzo, quanto le Isole di Capo Verde, con i loro colori, il loro ritmo di vita "no stress".

Un terzo aspetto, infine, non certo ultimo in termini di importanza, è stata la conoscenza di nuovi  amici di avventura, tutti affermati professionisti in campi molto differenti dal mio con i quali c'è stato da subito un simpatico ed intenso scambio di pensiero e di esperienze. 


Ringraziamenti

A tutti coloro che hanno consentito la realizzazione di questa impresa.


Sito consigliato

www.arielhr53.com


Libro consigliato

Atlantico andata e ritorno di Paolo Casoni, Ediz.Nutrimenti Mare


Se vuoi vedere altri report sui miei viaggi clicca su: 

https://blogbattaglia.blogspot.com/2018/05/i-miei-viaggi-piu-belli.html